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ATP 1000 Shanghai: Dietro la favola di Vacherot si nasconde l’ennesima sconfitta dei semi top

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Credits: FOTO FITP

Il Masters 1000 di Shanghai 2025 ha regalato una delle finali più inaspettate della storia recente del tennis. Valentin Vacherot, numero 204 del mondo, ha battuto il cugino Arthur Rinderknech, numero 54, in un derby familiare che ha il sapore di una favola pazzesca. Ma dietro l’impresa del monegasco, che ha scalato il tabellone partendo dalle qualificazioni, si cela una verità più amara: l’incapacità dei giocatori di seconda fascia di imporsi quando i veri dominatori, Sinner e Alcaraz, sono assenti o fuori forma. Zverev, Medvedev, Fritz, De Minaur, Rune, Shelton ed altri: tutti hanno avuto l’occasione di prendersi il palcoscenico, e tutti hanno fallito. Il tennis maschile sta vivendo una fase di transizione in cui la gerarchia è liquida, e chiunque, con una settimana perfetta, può conquistare un titolo di prestigio. Ma questo non è necessariamente un segnale positivo. In un’epoca in cui due tennisti hanno la completa egemonia del tour ATP, chi sta dietro, non riesce ad essere continuo e spesso finisce per inciampare nel baratro degli incompiuti.

La favola di Vacherot a Shanghai e il caos del tabellone

Valentin Vacherot ha scritto una pagina memorabile, diventando il vincitore di un Masters 1000 con il ranking più basso di sempre. Entrato nel main draw delle qualificazioni solo grazie al forfait di Fonseca, ha superato avversari ben più quotati, a partire da Bublik fino alla strepitsa vittoria contro un debilitato Novak Djokovic. Il Monegasco ha gestito con freddezza una finale che sembrava già un traguardo impensabile. Valentin Vacherot ha compiuto un vero è proprio miracolo, il terzo tennista della storia a vincere un Master 1000 partendo dalle qualificazioni ed il primo a vincere un torneo di questo calibro perdendo il primo set in sei partite delle 9 disputate. Il suo trionfo però è anche il sintomo di un torneo in cui il caos ha regnato sovrano. I big sono caduti uno dopo l’altro, l’ultimo in ordine cronologico, Medvedev, ha ceduto a Rinderknech. Tra gli altri, Zverev ha sprecato l’ennesima occasione, Fritz ha perso da Perricard, e De Minaur non ha mai trovato continuità, venendo sconfitto da Medvedev. Lo stesso Rune, con l’occasione perfetta per ritornare vincente, si è fatto sorprendere da Vacherot in rimonta, dimostrando ancor di più la sua incostanza. In un contesto così aperto, la favola di Vacherot è stata possibile. Ma quando le sorprese diventano la norma, il sistema competitivo perde solidità.

I limiti dei top player “di rincalzo”

La generazione che segue Sinner e Alcaraz sembra incapace di reggere il peso delle aspettative. Zverev, che avrebbe dovuto essere il leader naturale dopo Djokovic e Nadal, come ha dichiarato in diverse interviste, continua a mancare nei momenti decisivi. Medvedev, pur con un palmarès importante, dopo aver ritrovato un bel cammino, non è riuscito ad affondare decisivamente. Fritz e De Minaur, attualmente numero 5 e numero 7 della classifica ATP non capitalizzano mai le opportunità. Shanghai era il torneo perfetto per uno di loro: con un Sinner costretto al ritiro per crampi senza Alcaraz, con Djokovic eliminato, il campo era libero. Eppure, nessuno ha saputo cogliere l’attimo. Questo non è solo un problema di forma, ma di mentalità. I nuovi top sembrano più vulnerabili, meno affamati, e incapaci di costruire una narrativa vincente.

Un tennis più liquido

Il tennis maschile sta vivendo una fase di “liquidità competitiva”: i confini tra top player e outsider si stanno dissolvendo. Shanghai lo dimostra: un qualificato può vincere un Masters 1000, e quasi chiunque può sconfiggere un top 10. Questo rende il circuito più imprevedibile, ma anche più instabile. La “settimana perfetta” è diventata una possibilità concreta per molti, ma non è sinonimo di crescita del movimento. Se chiunque può vincere, il valore del titolo rischia di diluirsi. Serve una nuova generazione di leader stabili, capaci di imporsi con continuità e di costruire rivalità memorabili. Sinner e Alcaraz lo stanno facendo, ma dietro di loro il vuoto è preoccupante.

La scusante: le condizioni al limite di Shanghai

Una delle attenuanti più citate per il caos di Shanghai riguarda le condizioni ambientali: caldo umido, campi scivolosi per il sudore e condizioni al limite. Diversi tennisti, tra cui Rune e Fritz, hanno espresso pubblicamente il loro disagio, parlando di un torneo al limite della praticabilità. Tuttavia, queste difficoltà non sono nuove nel circuito ATP. La differenza è che la generazione attuale, fatta eccezione per pochi, sembra meno preparata fisicamente e mentalmente ad affrontare l’imprevisto. I giocatori della scorsa generazione, da Nadal a Ferrer, da Murray a Wawrinka, costruivano la loro carriera sulla resistenza, sulla capacità di soffrire e adattarsi. Oggi, molti giovani sembrano dipendere troppo da condizioni ideali e da un tennis “di comfort”. Shanghai ha messo in luce questa fragilità: quando il contesto si complica, la nuova generazione fatica a reggere il confronto con il passato.




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