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Koopmeiners e la questione del ruolo: “Non sono un attaccante”. Ma il passato all’Atalanta racconta altro

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Teun Koopmeiners perplesso ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Teun Koopminers ha scelto la sincerità. Dopo Real Madrid-Juventus, il centrocampista olandese ha affrontato apertamente uno dei temi più discussi del suo primo anno in bianconero: la posizione in campo. Un argomento che ha generato non poche perplessità, dentro e fuori dallo spogliatoio.

“Ho attraversato un periodo complicato, e me ne assumo la responsabilità”, ha spiegato Koopmeiners. “In alcune partite ho giocato troppo avanzato, ma io sono un centrocampista: mi piace costruire, gestire il pallone, cercare il passaggio giusto. Certo, mi piace anche segnare, ma la mia natura è quella di un centrocampista puro”.

L’olandese ha poi fatto due esempi precisi: “Contro l’Atalanta ho giocato nel mio ruolo e mi sono sentito a mio agio, mentre contro il Villarreal ho dovuto adattarmi da attaccante, e quello non sono io. Con il mister ho chiarito, ora sto giocando dove mi trovo meglio”.

In realtà, la Juventus lo ha impiegato quasi sempre da centrocampista centrale, nella coppia dei mediani, una scelta coerente con quanto Tudor aveva annunciato nel precampionato: costruire il nuovo sistema di gioco proprio intorno a lui.
Nella gara del Bernabeu, ad esempio, Koopmeiners ha agito da regista puro, ma nel 3-5-2 che il tecnico croato potrebbe riproporre, il numero 8 può adattarsi anche da mezzala, restando comunque nel suo habitat naturale.

Il paradosso, tuttavia, emerge guardando al passato. Quando militava nell’Atalanta, Koopmeiners ha vissuto la miglior stagione della carriera proprio in posizione più avanzata, quasi da trequartista. Nel 2023/2024 ha realizzato 15 gol e 7 assist, numeri che convinsero la Juventus a investire oltre 50 milioni di euro per portarlo a Torino.

Giocava partendo dal centro-destra, in un sistema tattico molto simile a quello che oggi la Juventus adotta con il doppio trequartista. Eppure, proprio in quella veste più offensiva, aveva espresso il meglio del suo potenziale, diventando una delle armi più letali della Dea.

Alla luce di questi dati, la sensazione è che le difficoltà del giocatore non dipendano soltanto dal ruolo, ma da un insieme di fattori mentali e ambientali che ne hanno rallentato l’impatto in bianconero.




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